http://www.avvenire.it/Economia/Superbond+miliardari+N+falsi+n+autentici_200911260805132600000.htm
26 Novembre 2009
INTRIGO MONDIALE
Super-bond miliardari «Né falsi, né autentici»
Una stangata così non s’è mai vista neanche a Hollywood. A oltre sei mesi dal sequestro dei di 134,5 miliardi di dollari, in tagli da 500 milioni e da un miliardo, l’inchiesta della procura di Como sui bond Usa sequestrati a Chiasso non è ancora chiusa. Gli Stati Uniti hanno dichiarato "strumenti fittizi" i titoli chiusi in una cassaforte del palazzo di giustizia. Documentazione bancaria ingannevole, che in comune con l’originale avrebbe però troppi dettagli.
Dalla carta, pressoché identica a quella usata dalla zecca statunitense, alla tecnica di stampa. Perciò le autorità italiane non hanno mai ordinato la distruzione dell’intero incartamento. I titoli o una parte di essi potrebbero davvero essere autentici. Forse stampati da funzionari infedeli della zecca americana. Sarebbe, per intenderci, come se alla Banca d’Italia qualche addetto alla produzione degli euro riuscisse a stamparne per sé alcune mazzette: valuta autentica, ma messa in circolazione senza autorizzazione.
Cosa accadrebbe se la stessa cosa avvenisse con i bond? Inoltre le obbligazioni da un miliardo di dollari non sono titoli emessi dalla Federal Reserve. Si tratta infatti di "Kennedy notes" non emessi dalla Banca centrale ma direttamente dal governo sulla base di un decreto firmato dall’allora presidente John F. Kennedy e mai revocato. In sostanza bigliettoni da un miliardo utilizzati segretamente nelle transazioni tra Stati: denaro sonante in cambio di "servizi" o forniture strategiche.
Per capire come i "notes" fossero finiti nelle mani dei due corrieri nipponici da Como occorre fare un salto di qualche chilometro, verso l’aeroporto di Malpensa. Qui gli investigatori seguono anche una pista meno tortuosa: i titoli, perfettamente contraffatti, avrebbero potuto essere "vestiti" da obbligazioni autentiche con cui compiere all’estero operazioni immobiliari o incursioni valutarie. L’ipotesi non è nuova. C’è un precedente poco conosciuto ma che sta facendo scuola. Un caso che ha svelato ancora una volta i piedi d’argilla del sistema bancario americano.
La storia è la seguente. Tre mesi fa, due giovani filippini provenienti da Manila atterrano nello scalo varesino. In una valigia i finanzieri della dogana trovano un centinaio di bond Usa. I due, fratello e sorella domiciliati a Genova, improvvisano una spiegazione inverosimile. I militari fingono di mangiare la foglia. «Ok, tutto a posto, potete andare».
E i filippini lasciano l’aerostazione pensando di averla fatta franca. Da allora, giorno e notte, verranno intercettati e pedinati. Un’operazione in grande stile spionistico. Ogni contatto con l’estero viene segnalato all’intelligence dei Paesi coinvolti, specialmente Austria, Filippine e Usa. «I fratelli – spiega una fonte investigativa – erano in contatto costante con persone di Manila, apparentemente autorevoli membri di una chiesa cristiana protestante, con le quali parlavano di come gestire i bond.
A un certo punto la svolta. Viene intercettata una telefonata: «Non preoccuparti, negli Stati Uniti vengo io». È così che si comprenderà il meccanismo. I bond americani, riprodotti in una stamperia clandestina in Asia, dovevano passare per l’Italia, e poi per l’Austria. Un po’ alla volta sarebbero stati spediti, anche attraverso servizi postali, direttamente negli Usa. Non prima però di averli depositati per qualche tempo in una cassetta di sicurezza di un istituto di credito viennese allo scopo di ottenere il certificato di deposito, che attesta solo la concessione del caveau, non il suo contenuto.
Le lettere credenziali di importanti pastori protestanti avrebbero fatto il resto. I bond sarebbero stati ceduti in garanzia per investimenti immobiliari a piccoli sportelli bancari americani dove, specie nelle zone rurali, sono spesso espressione delle comunità religiose.
«A fronte di un titolo di 500 milioni – spiegano dalla Polizia valutaria – gli indagati avrebbero potuto farsi consegnare sotto forma di prestito garantito dalle obbligazioni, anche la metà del loro valore». Poi se la sarebbero data a gambe levate e nessuno avrebbe potuto ricostruire la rotta seguita dai truffatori. «Sembra incredibile – osserva un inquirente – ma negli Usa ci sono microbanche che non dispongono di sistemi di verifica accurati come avviene in Italia, rendendo più facili le frodi». Con quello che è accaduto a Wall Street negli ultimi anni, e dopo il caso Parmalat nato da una serie di false credenziali di Bank of America fabbricate al computer, non è difficile credergli.
Lo strano intrigo di Malpensa potrebbe spiegare perché i due giapponesi fermati a Chiasso volessero andare in Svizzera. Anch’essi possedevano lettere di accompagnamento (originali e non contraffatte) che attestavano l’autenticità dei bond e dei Kennedy Notes.
Per mettere a segno la truffa non serve che qualche complice ben inserito. «Basta che un funzionario di banca, meglio se elvetica o austriaca – spiega un ufficiale della Guardia di Finanza – si presti in cambio di grossi compensi a dichiarare su carta intestata l’autenticità dei titoli e che un qualsiasi direttore, anch’esso corrotto, di una sperduta banca in Asia o nel Midwest americano, conceda su due piedi liquidità in cambio dei titoli, che nel giro di poche settimane l’organizzazione può incamerare milioni e milioni di dollari». Sul conto dei due nipponici pesa un precedente. Il 55enne Akihiko Yamaguchi (imparentato con l’ex vice governatore della Banca centrale di Tokyio Toshiro Muto, dimessosi per ragioni personali qualche giorno dopo il sequestro dei titoli) alcuni anni fa avrebbe subito una condanna a 20 anni di prigione per frode. Si trattava dell’affaire "Japanese 57 Series Bond", titoli del valore nominale di 500 miliardi di yen, oltre 68 miliardi di euro.
Obbligazioni autentiche, ma emesse senza autorizzazione del governo e della Banca centrale. In quell’occasione Yamaguchi non agì da solo. Aveva un complice di cui si erano perse le tracce: Mitsuyoshi Watanabe, oggi 72 anni. È ricomparso a Como, seduto accanto all’amico di un tempo sullo stresso treno regionale diretto a Chiasso. Li hanno denunciati a piede libero. Uno dei militari che li ha incastrati sorride e lascia intendere che adesso la palla è passata agli 007: «Yamaguchi e Watanabe sono tornati in Giappone. Ma non da soli».
Dalla carta, pressoché identica a quella usata dalla zecca statunitense, alla tecnica di stampa. Perciò le autorità italiane non hanno mai ordinato la distruzione dell’intero incartamento. I titoli o una parte di essi potrebbero davvero essere autentici. Forse stampati da funzionari infedeli della zecca americana. Sarebbe, per intenderci, come se alla Banca d’Italia qualche addetto alla produzione degli euro riuscisse a stamparne per sé alcune mazzette: valuta autentica, ma messa in circolazione senza autorizzazione.
Cosa accadrebbe se la stessa cosa avvenisse con i bond? Inoltre le obbligazioni da un miliardo di dollari non sono titoli emessi dalla Federal Reserve. Si tratta infatti di "Kennedy notes" non emessi dalla Banca centrale ma direttamente dal governo sulla base di un decreto firmato dall’allora presidente John F. Kennedy e mai revocato. In sostanza bigliettoni da un miliardo utilizzati segretamente nelle transazioni tra Stati: denaro sonante in cambio di "servizi" o forniture strategiche.
Per capire come i "notes" fossero finiti nelle mani dei due corrieri nipponici da Como occorre fare un salto di qualche chilometro, verso l’aeroporto di Malpensa. Qui gli investigatori seguono anche una pista meno tortuosa: i titoli, perfettamente contraffatti, avrebbero potuto essere "vestiti" da obbligazioni autentiche con cui compiere all’estero operazioni immobiliari o incursioni valutarie. L’ipotesi non è nuova. C’è un precedente poco conosciuto ma che sta facendo scuola. Un caso che ha svelato ancora una volta i piedi d’argilla del sistema bancario americano.
La storia è la seguente. Tre mesi fa, due giovani filippini provenienti da Manila atterrano nello scalo varesino. In una valigia i finanzieri della dogana trovano un centinaio di bond Usa. I due, fratello e sorella domiciliati a Genova, improvvisano una spiegazione inverosimile. I militari fingono di mangiare la foglia. «Ok, tutto a posto, potete andare».
E i filippini lasciano l’aerostazione pensando di averla fatta franca. Da allora, giorno e notte, verranno intercettati e pedinati. Un’operazione in grande stile spionistico. Ogni contatto con l’estero viene segnalato all’intelligence dei Paesi coinvolti, specialmente Austria, Filippine e Usa. «I fratelli – spiega una fonte investigativa – erano in contatto costante con persone di Manila, apparentemente autorevoli membri di una chiesa cristiana protestante, con le quali parlavano di come gestire i bond.
A un certo punto la svolta. Viene intercettata una telefonata: «Non preoccuparti, negli Stati Uniti vengo io». È così che si comprenderà il meccanismo. I bond americani, riprodotti in una stamperia clandestina in Asia, dovevano passare per l’Italia, e poi per l’Austria. Un po’ alla volta sarebbero stati spediti, anche attraverso servizi postali, direttamente negli Usa. Non prima però di averli depositati per qualche tempo in una cassetta di sicurezza di un istituto di credito viennese allo scopo di ottenere il certificato di deposito, che attesta solo la concessione del caveau, non il suo contenuto.
Le lettere credenziali di importanti pastori protestanti avrebbero fatto il resto. I bond sarebbero stati ceduti in garanzia per investimenti immobiliari a piccoli sportelli bancari americani dove, specie nelle zone rurali, sono spesso espressione delle comunità religiose.
«A fronte di un titolo di 500 milioni – spiegano dalla Polizia valutaria – gli indagati avrebbero potuto farsi consegnare sotto forma di prestito garantito dalle obbligazioni, anche la metà del loro valore». Poi se la sarebbero data a gambe levate e nessuno avrebbe potuto ricostruire la rotta seguita dai truffatori. «Sembra incredibile – osserva un inquirente – ma negli Usa ci sono microbanche che non dispongono di sistemi di verifica accurati come avviene in Italia, rendendo più facili le frodi». Con quello che è accaduto a Wall Street negli ultimi anni, e dopo il caso Parmalat nato da una serie di false credenziali di Bank of America fabbricate al computer, non è difficile credergli.
Lo strano intrigo di Malpensa potrebbe spiegare perché i due giapponesi fermati a Chiasso volessero andare in Svizzera. Anch’essi possedevano lettere di accompagnamento (originali e non contraffatte) che attestavano l’autenticità dei bond e dei Kennedy Notes.
Per mettere a segno la truffa non serve che qualche complice ben inserito. «Basta che un funzionario di banca, meglio se elvetica o austriaca – spiega un ufficiale della Guardia di Finanza – si presti in cambio di grossi compensi a dichiarare su carta intestata l’autenticità dei titoli e che un qualsiasi direttore, anch’esso corrotto, di una sperduta banca in Asia o nel Midwest americano, conceda su due piedi liquidità in cambio dei titoli, che nel giro di poche settimane l’organizzazione può incamerare milioni e milioni di dollari». Sul conto dei due nipponici pesa un precedente. Il 55enne Akihiko Yamaguchi (imparentato con l’ex vice governatore della Banca centrale di Tokyio Toshiro Muto, dimessosi per ragioni personali qualche giorno dopo il sequestro dei titoli) alcuni anni fa avrebbe subito una condanna a 20 anni di prigione per frode. Si trattava dell’affaire "Japanese 57 Series Bond", titoli del valore nominale di 500 miliardi di yen, oltre 68 miliardi di euro.
Obbligazioni autentiche, ma emesse senza autorizzazione del governo e della Banca centrale. In quell’occasione Yamaguchi non agì da solo. Aveva un complice di cui si erano perse le tracce: Mitsuyoshi Watanabe, oggi 72 anni. È ricomparso a Como, seduto accanto all’amico di un tempo sullo stresso treno regionale diretto a Chiasso. Li hanno denunciati a piede libero. Uno dei militari che li ha incastrati sorride e lascia intendere che adesso la palla è passata agli 007: «Yamaguchi e Watanabe sono tornati in Giappone. Ma non da soli».
Nello Scavo
3 Ottobre 2009
I bonds sequestrati a Chiasso, la crisi e lo spettro M3
Pietro Cambi
Sollecitato dal qualche affezionato(?) lettore mi trovo a fare il punto sui bonds sequestrati questa estate alle frontiere Italiane, per un valore di centinaia di miliardi di dollari.
http://crisis.blogosfere.it/2009/06/96-miliardi-di-bond-intervista-al-col-mecarelli.html
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http://crisis.blogosfere.it/2009/10/i-bonds-sequestrati-a-chiasso-la-crisi-e-lo-spettro-m3.html3 Ottobre 2009
I bonds sequestrati a Chiasso, la crisi e lo spettro M3
Pietro Cambi
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Sollecitato dal qualche affezionato(?) lettore mi trovo a fare il punto sui bonds sequestrati questa estate alle frontiere Italiane, per un valore di centinaia di miliardi di dollari.
Ben noto, ne abbiamo parlato diffusamente anche noi, è il sequestro di "Bond" americani per ben 134 miliardi di dollari avvenuto alla frontiera di Chiasso ormai ben 3 mesi fa. Molto meno noto è un sequestro avvenuto invece a Milano Malpensa alcune settimane fa, a carico di due filippini diretti in Svizzera.
In questo caso si trattava addirittura di 180 miliardi di dollari.
Questa volta le fiamme gialle hanno arrestato in flagranza di reato i due filippini ed hanno invitato gli esperti americani dell'US. Secret Service a dare una occhiata ai titoli.
Invito accolto e titoli riconosciuti falsi, per una serie di motivi.
Pare che servissero, pensate un poco, ad organizzare una stangata al fine di raccogliere fondi per una chiesa..
Come si suol dire? Le Vie del Signore sono infinite.
Sui titoli sequestrati a Chiasso, invece, per quanto possa sembrare strano, non c'e' ancora nessuna conferma o smentita ufficiale della loro autenticità.
Questo dopo numerosi solleciti, due interrogazioni parlamentari ( generate anche dai nostri post) e un fitto scambio di documentazione, in un arco di quasi tre mesi.
http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_16/showXhtml.Asp?idAtto=15129&stile=6&highLight=1Ciao
http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_16/showXhtml.Asp?idAtto=15129&stile=6&highLight=1Ciao
Proprio il confronto con i tempi di accertamento nel caso del sequestro di Malpensa deve portarci a ritenere che questi titoli POTREBBERO anche risultare originali, questa essendo una eventualità ovviamente PER NIENTE gradita dal Governo Americano.
In primo luogo perchè poco meno di 50 miliardi di dollari verrebbero confiscati dal governo italiano.
In secondo luogo perchè diverrebbe impossibile nascondere ancora quello che è un segreto di pulcinella, lo spettro che si aggira per le cancellerie e le dirigenze degli organismi finanziari di tutto il mondo: è in atto una massiccia quanto sotterranea fuga dal dollaro, che richiede mesi, se non anni di tempo per essere effettuata senza sconquassi e che porterà ad un rovinoso collasso del valore del biglietto verde, quando diventerà evidente che la bilancia dei pagamenti USA è completamente e definitivamente sballata, con i risparmiatori cinesi stufi di rischiare i loro sudati risparmi in pezzi di carta verdolini.
Le cose stanno così e starebbero così anche se i bonds fossero falsi.
In questo caso sarebbe interessante conoscere le motivazioni che hanno portato a liberare i due portaborse giapponesi tre mesi fa, una risposta che potrebbbe dare solo il Ministro Tremonti, visto che la legge avrebbe imposto, nel dubbio sulla autenticità dei bonds, il fermo dei duei asiatici. Ovviamente, se davvero si è fatta valere la superiore ragion di Stato, per liberare, d'ufficio, i due corrieri, sarebe interessante conoscere quale è stata, questa ragione di Stato.
La verità è che si cerca di far dimenticare la cosa, sperando che le acque si calmino e che si possa buttare questi maledetti bonds in fondo ad un cassetto e dimenticarceli, a dispetto di cassintegrati, precari e scudi fiscali vari.
O magari si potrebbe restiturli al Governo Americano, per una accuratissima indagine di cui a questo punto potremmo conoscere l'esito in antipo con una certa qual ragionevole certezza.
Cosa ci dice, in conclusione questa vicenda, al di la di ogni ragionevole dubbio, al di la della autenticità o meno dei bonds?
1) Che si stanno attivamente riversando in Svizzera ENORMI capitali in dollari espressi come titoli al portatore, a livelli e per importi mai raggiunti prima ( altrimenti questi sequestri costituirebbero una regola e non un unicum).
2) Che "bond" di queste dimensioni ENORMI del valore di 500 milioni o un miliardo di dollari ciascuno esistono davvero, dal momento che, ovviamente, se NON esistessero nessuno si prenderebbe la briga di farne così dettagliati, filigranati e certificati, esattamente come nessuno si prenderebbe mai la briga di realizzare una perfetta banconota da 300 euro.
3) Che, per lo stesso motivo, chi li deteneva, ragionevolmente Istituti di Credito di primaria importanza o addirittura Banche Nazionali, sta cercando di liberarsene in fretta ed in silenzio, cosi come in un complice silenzio li deteneva, visto non se ne conosceva nemmeno l'esistenza prima di questa vicenda.
4) Che questo è ben a conoscenza della Federal Reserve, come del Governo Americano, insieme alla consapevolezza che la massa monetaria in dollari è in rapido e silenzioso aumento, le due cose costituendo, insieme al progressivo collasso del castello di debiti costruito nell'ultimo decennio per tenere su il sogno americano, una tempesta perfetta in grado di mettere in gioco non tanto il ruolo internazionale ma addirittura la stessa sopravvivenza degli USA.
Non ci credete?
Beh, tanto per farvi drizzare le orecchie vi porto a conoscenza di un paio di curiose coincidenze che mi sono saltate agli occhi proprio scrivendo questo post.
1) L'US Secret Service. Confessate: ne avevate mai sentito parlare?
Io no.
Avevo sentito parlare della CIA, dell'FBI, della NSA....
L'US Secret Service è in realtà il più antico in assoluto ed è stato fondato addirittura nel 1865, da McKinley, il successore del povero Lincoln, con il compito espresso di combattere i falsari.
Perchè dovesse essere segreto non è dato sapere, anche se immagino che durante la guerra di Secessione le sedi della Federal Reserve rimaste negli Stati Confederati si dessero da fare per produrre tanti dollari più veri del vero e che qualcuno possa averci preso gusto ed aver continuato anche in seguito.
In ogni caso l'US Secret Service è rimasto, come è logico, sotto la dipendenza del Ministero del Tesoro Americano.
Fino al 2003.
per poi passare alle dipendenze del Dipartimento della Sicurezza Nazionale.
Curioso, eh?
Un'altra curiosità è che, un paio di anni dopo, nel 2006, la Federal Reserve, in modo altamente sospetto, abbia cessato di fornire dati sul misterioso parametro M3, ovvero, come spiega estesamente questo ottimo post di Iceberg finanza, sulla massa circolante dei dollari, così aprendo la strada ad una crescita incontrollata ( in senso stretto) della medesima, con i risultati che vediamo.
Il fantasma che si aggira nelle felpatissime cancellerie e nei disturbatissimi sogni dei governatori ha quindi un nome, sia pure poco attraente.
Si chiama M3.
E si traduce con una vigliaccata, ovvero con l'illusione che ci sia una ripresa.
Una illusione che pagheremo duramente.http://crisis.blogosfere.it/2009/06/96-miliardi-di-bond-intervista-al-col-mecarelli.html
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